
C’è una specie di ‘bellezza collaterale’ e nascosta nella capacità di lasciar andare – ma non necessariamente si rivela in questi termini e non è facile riconoscerla come tale. Non è rassegnazione, né un passo indietro rispetto alla vita. È piuttosto un atto di profondo rispetto per la nostra natura umana e per il tempo che ci abita, un gesto di connessione con il respiro del mondo, che segue un ritmo molto più antico e misterioso rispetto alle nostre ambizioni e aspettative. Si tratta di guardare il sentiero da una prospettiva più ampia, che non è solo quella del camminatore che lo percorre ma dell’ipotesi di un insondabile significato che quel cammino possiede nel più ampio e misterioso scenario dell’esistenza. A volte il senso non sta nella meta programmata e intravista ma in un approdo differente.
Lasciare andare non significa rinunciare a sognare, a rischiare, o a spingersi fuori dalla zona di comfort. È fondamentale avere il coraggio di esplorare nuove traiettorie e tentare nuove strade. Ma c’è un momento in cui, nella nostra esperienza di vita, comprendiamo che forzare i tempi e le situazioni può assumere i connotati di una vera e propria rivolta. La natura, che ci include e ci riflette, insegna che esistono cicli che non possiamo abbreviare, fasi di attesa che non si possono saltare.
Ognuno di noi, in qualche modo e senza saperlo, ha una linea di destino – mi piace pensarlo. La speranza e il miglior augurio che possiamo farci è che questa traiettoria si tracci in allineamento con i nostri valori, coi nostri desideri più profondi e salvifici. Talvolta, perché ciò accada, è necessario lasciar andare i conti che non tornano, le idee che non si piegano e adattano, i progetti che si incagliano e anche le persone che arrivano nella nostra vita, magari semplicemente in un tempo sbagliato. Non è colpa di nessuno, è bene ricordarlo.
Non è cosa facile, certo. A ciascuno di noi tocca di provare a capire se e quando e come lasciar andare. Ma è pur vero che, così come l’universo è animato da movimenti di espansione e contrazione, anche per noi, che ne facciamo parte e, anzi, siamo quell’universo, valgono quella logica e quel meccanismo, per cui a volte costruiamo e a volte abdichiamo per ricominciare. Lo dice bene Fernando Sabino: nella vita ci sono tre certezze, la certezza che stiamo sempre incominciando, la certezza che abbiamo bisogno di continuare e la certezza che saremo interrotti prima di finire. A queste aggiungerei la certezza che non tutto si compie come avremmo voluto e non tutte le navi rientrano in porto, ragione per cui talvolta, ci tocca lasciar andare alcune imprese.
In ogni viaggio interiore, il tempo è un alleato. Lasciare andare significa accettare che la vita non sempre conduce tutti agli stessi approdi o alle stesse conclusioni. Alcune persone, progetti o ideali ci attraversano da soli per un frammento del nostro percorso, perché sono destinati a un’altra stagione. È qui che entra in gioco il lasciare andare: un’accettazione non passiva e, spesso, non priva di dolore, ma consapevole, che riconosce l’autenticità del nostro destino e della nostra unicità e una qualche forma di insondabile saggezza che, talvolta, ci porta a navigare, per alcuni tratti, in acque difficili.
In psicoterapia, il lasciare andare è spesso un atto di liberazione psichica. Può significare smettere di combattere contro pensieri, emozioni o ricordi che resistono alla nostra volontà di cambiarli. La teoria polivagale ci ricorda che, quando il sistema nervoso è in ipervigilanza, spesso reagiamo con il controllo e l’atto di trattenere, tentando di prevenire ogni rischio. Ma il nostro corpo e la nostra mente fioriscono solo quando entriamo in uno stato di sicurezza: un territorio dove, talvolta, il lasciare andare diventa possibile, e persino necessario.
La nostra esistenza non è una somma di successi o fallimenti, ma un movimento continuo verso ciò che ci nutre e ci rende autentici. Se il traguardo è vivere in coerenza con i nostri valori profondi, allora lasciare andare le aspettative irrealistiche, i rapporti disallineati o i “conti che non tornano” diventa un gesto di cura per noi stessi. È un modo per riprendere in mano la matita e ridisegnare la nostra linea di destino, tracciandola con amore e rispetto per chi siamo oggi.
Ivano Fossati canta che “c’è un tempo per ogni cosa sotto il cielo”. A volte, ciò che ci sfugge non è sbagliato in sé, ma semplicemente appartiene a un tempo diverso dal nostro. Imparare a lasciare andare significa anche abbracciare l’incertezza con fiducia, sapendo che la vita ha il suo modo di riorganizzarsi, di rispondere ai desideri più autentici che abbiamo osato ascoltare ed esprimere.
Lasciare andare, in definitiva, è un atto di fiducia nel flusso della vita. È una resa non alla debolezza, ma alla potenza di ciò che guida il germoglio, che ci invita a riscoprire una forma più profonda e vibrante di libertà radicata nell’esistenza.
AlessandroCiardi
Psicologo, Psicoterapeuta Milano
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